Libertà di espressione? Si, ma prima imparare il silenzio.
Cinismo, insulti, libertà di offendere, di ferire e diffamare dietro la “libertà di esprimersi”. Logorrea, isterismo, pubblici fischi in pubblica piazza: negli ultimi anni non solo la dimensione web, ma anche quella reale sembrano pervasi da un alone di irascibilità, maleducazione e scarsa propensione all’ascolto; sul web c’è chi considera l’odio nei propri confronti, più del numero di like, un metro di misura della portata delle sue idee.
Come scrive Goethe, <<parlare è un bisogno, ascoltare è un arte>>, nel brusio di sottofondo della vita collettiva tutti amano parlare, ma pochi sono disposti a stare in silenzio ed ascoltare, presupposto indispensabile per comprendere e rispondere.
Incontinenze verbali che bloccano il dialogo: nel momento in cui tutti vogliono parlare nello stesso momento, senza ascoltare le ragioni dell’altro, non si determina un dialogo, ma una sovrapposizione informe di monologhi tra loro solo in apparenza connessi.
Ascoltare e parlare: due orecchie e una bocca dovrebbero rendere le proporzioni nelle quali sarebbe giusto distribuire le due azioni, a dirlo sono anche Plutarco e Zenone di Cizio, e questo è fisiologicamente possibile solo riducendo il vorticoso numero di informazioni che la mente odierna è costretta ad assorbire.
In un universo sociale dominato, anzi consumato dalla velocità, dai ritmi accelerati, dal dominio del breve termine e dall’egemonia della deadline, ascoltare diventa sempre più difficile. Le comunicazioni, come i dibattiti, sono più una serie di affermazioni che si sommano le une sulle che non un vero e proprio confronto: la ricerca ostinata della ragione, costi quel che costi, sembra l’unico obiettivo della comunicazione.
Centinaia di corsi di formazione, corsi universitari o master si prefiggono l’obiettivo di insegnare a comunicare, ma sono molte poche le scuole che insegnano il valore del silenzio.
Come ci ricorda la tradizione orientale[1], un silenzio attento, vigile e meditativo fa si che la parola interiore risuoni all’interno del cuore e della mente, faccia sedimentare le conoscenze acquisite e permetta di far evolvere il proprio spirito a livelli superiori; nell'oscurità e nel silenzio del suo bozzolo la crisalide muore come tale per trasformarsi in farfalla, nel silenzioso buio della terra il seme macera e muore come tale per generare la spiga di grano.
Un silenzio interiore come quello esterno è sempre più difficile da ottenere al giorno d’oggi, poiché sovrastato dall’assordante esaltazione dell’io tipica dell’individualismo. Tessuti sociali ormai composti da esseri individuali e non da cittadini. Come esprime Tocqueville, l’individuo è esattamente la nemesi del cittadino poiché è egli essere tiepido, scettico e diffidente rispetto il bene comune; la corsa all’individualismo impedisce di fatto di creare legami sociali, alla base non solo della vita politica, ma anche di una efficace comunicazione sociale.
Imparare il silenzio e con esso l’arte dell’ascoltare sono i presupposti imprescindibili per godere a pieno del diritto di esprimersi, senza di essi, parlare diventa un mero movimento coordinato di muscoli e respiro, o solo dita che, coordinate, accarezzano una tastiera.
AUTORE DELL’ARTICOLO: Dott. Marco Matteoli, medico chirurgo, specialista in diagnostica per immagini e medico volontario della Croce Rossa Italiana. Attualmente studente di cooperazione internazionale e sviluppo presso l’università di Roma “Sapienza”.
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[1] Patañjali. and Arena, L. (2014). Yogasutra. Milano: Rizzoli