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Libri consigliati per la giornata della memoria: un classico e un saggio. Il filo conduttore è “la psicologia del male”, a mio avviso, il filo conduttore di tutte le atrocità alla base di qualunque genocidio o crimine contro l’umanità. “La banalità del male” è un libro scritto nel 1964 da Annah Arendt, filosofa tedesca allieva di Heidegger. Questo libro è un estratto del processo fatto a Otto Adolf Eichmann a Gerusalemme nel 1961 per i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra portati avanti sotto il regime nazista. Il libro raccoglie i problemi non solo politici e giuridici, ma anche quelli morali circa le dinamiche sottostanti lo sterminio. Uno dei punti chiave del processo era se imputare ad Eichmann il reato di crimini contro l’umanità, in quanto nel periodo nazista le azioni che egli aveva compiuto erano inquadrabili come “azioni di Stato” vincolate al dovere dell’obbedienza. La banalità del male di cui parla Annah Arendt è ciò che deriva dal concetto sociologico di “patologie della burocrazia”, ovvero il derivato di una parcellizzazione delle responsabilità, una obbedienza a-critica verso l’autorità e una quiescenza individuale. “L’eutanasia nazista” è un libro scritto nel 2016 dal Dott. Enrico Girmenia, medico, antropologo, psichiatra ed esperto di diritto internazionale umanitario. Il libro raccoglie un’indagine sulla nazificazione della medicina nella Germania Hitleriana e di come i medici tedeschi abbiamo apertamente infranto le più elementari norme etiche in virtù di un progetto di eutanasia capillare a carico dei disabili e dei malati mentali. Il progetto T4 (Aktion T4) fu un disegno che basandosi su teorie eugenetiche, suggestioni culturali e segmentazione delle responsabilità professionali, portò allo sterminio di oltre 70.000 disabili in età adulta, 5000 bambini malformati e 200.000 individui affetti da malattie mentali. Questo libro aggiunge un altro tassello alla base della psicologia del male, ovvero la de-umanizzazione della vittima e la tolleranza passiva verso il male.

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