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LA FEBBRE DELL'ACQUA: l'importanza della sanificazione delle filiere idriche

Durante gli undici mesi che ho trascorso in Afghanistan, ho lavorato, in qualità di ufficiale medico del Corpo Militare di Croce Rossa, come addetto al controllo e potabilizzazione delle acque. Questo tipo di attività mi ha fatto riflettere molto sul fatto che allo stato attuale in Afghanistan il 100% dell’acqua disponibile sia controllata da appena il 20% della popolazione, e che, secondo i dati UNICEF, la morte del 25% dei bambini sia causata dalla mancata potabilizzazione delle acque o addirittura dalla siccità. L'UNICEF sottolinea anche il fatto che in Afghanistan sia presente una delle mortalità infantili più alte al mondo (165 su 1000 nati) ed è uno dei posti in cui maggiormente i diritti dell'infanzia vengono calpestati, per un motivo o per un altro.

"La febbre dell'acqua" : foto scattata a Herat, Afghanistan nel 2015 durante una pattuglia.

Ciò che personalmente trovavo irreale durante le uscite assieme all’assetto “Genio” dell’esercito, era che da bordo del VTLM (Veicolo Tattico Leggero Multiruolo) Lince potevo vedere una quantità innumerevole di bambini: alcuni ci venivano incontro spinti dalla curiosità, ma molti, fin troppi, venivano a chiederci “da bere”.

Uno dei miei ricordi più vividi di quel periodo riguarda la corsa dei bambini dietro le bottiglie d’acqua che venivano lanciate da bordo dei mezzi, ma soprattutto l’ingordigia con cui bevevano.

Il tema dell’acqua è quello che mi è sempre stato più a cuore in questa missione, in parte per la mia funzione, in parte per la profonda ingiustizia intrinseca alla carenza della stessa; in Afghanistan la mortalità infantile, oltre che alle lesioni traumatiche, è correlata anche alla disidratazione e alle infezioni gastroenteriche.

Come per i bambini africani, spesso l'acqua sporca di fiumi o torrenti, filtrata al massimo con grezzi sistemi a maglia larga, viene bevuta come nettare, e non è difficile comprendere quanto possa essere apprezzata la nostra acqua in bottiglia, pulita, potabile e controllata.

Anche secondo i dati dello sviluppo ONU (UNDP) solo il 23% della popolazione totale ha accesso all’acqua potabile, che scende al 10% per coloro che vivono nelle aree rurali, per non parlare delle inefficienze per quanto riguarda le misure igieniche e i sistemi di fognature.

"Feeding": foto scattata in un villaggio alla periferia di Herat, Afghanistan, nel 2016

Il problema dell’acqua in Afghanistan, come anche in Africa, potrebbe essere risolto o per lo meno combattuto mediante la creazione di pozzi e filiere idriche, tuttavia questo aspetto è la punta dell’iceberg di un una realtà molto più complessa. In maniera molto sintetica possiamo dire che la povertà, così come la mancanza delle risorse necessarie per creare sistemi idrici in ciò che definiamo “paesi in via di sviluppo”, ha tra le cause più importanti, non solo un sistema governativo dotato di un welfare inefficiente, ma soprattutto il propagarsi delle multiple guerriglie interne, che fondamentalmente radono al suolo le basi del sistema stesso.

La guerra distrugge non solo l’infrastruttura di un paese, ma, secondo i dati Amnesty International, impedisce anche la crescita economica, distrugge il capitale fisico, umano e sociale, depauperando il popolo di istruzione, di valori professionali, morali e soprattutto di etica.

Come in Afghanistan, anche in Sierra Leone, la guerra civile ha spazzato via le infrastrutture sanitarie, con un’età media di popolazione attorno ai 35 anni.

La causa principale delle morti evitabili in una società rurale povera è inevitabilmente collegata al mancato accesso alle cure mediche, all’acqua potabile, a un sistema di fognature adeguato e a una alimentazione sufficiente .

Per la popolazione afghana che vive in aree rurali (che corrisponde al 70% dell’intera popolazione), la carenza d’acqua, di strutture igieniche e sanitarie, causano una mortalità infantile di 257/1000 (dati UNICEF), con il tetano neonatale e traumi da parto come causa principale di mortalità perinatale. Dal punto di vista infettivologico, le diarree, la malaria, la tubercolosi e la leishmaniosi sono le malattie endemiche più gravi; nel 2000, l’OMS stimava che più di 270.000 persone erano affette da leishmaniosi attiva.

Riassumendo: le malattie infettive, la disidratazione, la malnutrizione, come le mutilazioni, le ustioni non trattate e i disturbi correlati a stress possono essere definite “le malattie della povertà nei teatri di guerra”, tanto più gravi, quanto è minata la solidità dell’infrastruttura sanitaria di base, che inevitabilmente causa una restrizione d'accesso alle cure mediche di livello. La difficoltà nel raggiungere le cure mediche necessarie espone i pazienti a complicanze evitabili, soprattutto di tipo infettivo e degenerativo cronico, e per questo va stressata l'importanza delle organizzazioni sanitarie volontarie sul territorio, che in un modo o nell'altro possono cercare di supportare un sistema sanitario locale per definizione fragile.

Guarda il video creato da Yoni Goodman circa l’importanza della sanificazione della filiera delle acque. Lo trovi su http://globalhealthmedia.org

Autore dell'articolo: Dott. Marco Matteoli, ufficiale medico del Corpo Militare della Croce Rossa, specialista in Diagnostica per Immagini e medico volontario della Croce Rossa Italiana. Attualmente studente di cooperazione internazionale e sviluppo presso l'Università di Roma “Sapienza”

Referenze

  • Gon, G., Monzon-Llamas, L., Benova, L., Willey, B. and Campbell, O. (2014). The contribution of unimproved water and toilet facilities to pregnancy-related mortality in Afghanistan: analysis of the Afghan Mortality Survey. Trop Med Int Health, 19(12), pp.1488-1499.

  • UNICEF (2015). | Children’s Rights & Emergency Relief Organization. [online] Unicef.org. Available at: http://www.unicef.org

  • International Committee of the Red Cross, (2015). Landmines: A legacy of war. [online] Available at: https://www.icrc.org/en/legacy-mines

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