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La gestione del piede diabetico nel senza fissa dimora


Nelle ultime uscite su strada, soprattutto nelle zone ad alta concentrazione di senza fissa dimora, ho osservato, come di consueto, una alta incidenza di patologie cronico-degenerative come il piede diabetico e le ulcere venose; in questo articolo, in quanto specialista in radiologia, con esperienza di tipo interventivo-vascolare, volevo riassumere alcune linee guida sulla gestione del piede diabetico, adattandole alla realtà su strada, sperando di essere di aiuto ai colleghi che si possono trovare ad affrontare questa problematica.

Il piede diabetico, una delle complicanze maggiori del Diabete Mellito, sia di tipo 1 che di tipo 2, è una patologia tanto frequente quando problematica da gestire su strada, non a caso, i pazienti che necessitano un maggior numero d’interventi nel tempo, sono quelli che devono essere sottoposti a terapie per patologie croniche, come appunto diabete ed ipertensione.

Benché l’ottimale della gestione del piede diabetico preveda la valutazione clinica di 3 figure mediche cardine ovvero il diabetologo, il chirurgo e il radiologo, e una gestione periodica delle medicazioni di tipo infermieristico, nella maggior parte dei casi, su strada non vi è la possibilità di tali figure[1].

La neuropatia (ulcera neuropatica), e la vasculopatia (ulcera ischemica) diabetica, sono le cause primarie delle ulcere agli arti inferiori, e richiedono medicazioni periodiche con uno stretto controllo glicemico. Gli homeless affetti da ulcere diabetiche agli arti inferiori incontrano enormi difficoltà nella gestione della loro patologia, ed un servizio sanitario itinerante, in talune situazioni può aiutarli a ridurre le loro sequele sintomatologiche[2].

Poiché gli homeless hanno un accesso limitato al sistema sanitario, usualmente si recano nel pronto soccorso per sopperire alle cure mediche urgenti[3], e il loro stile di vita, li espone a malnutrizione, alcolismo, uso di droghe e scarsa igiene, tutti fattori che possono degenerare condizioni patologiche croniche di base.

Un controllo stretto della glicemia nei pazienti diabetici e l’eventuale work up laboratoristico e strumentale, è una delle armi a disposizione del clinico per prevenire le complicanze del Diabete, procedure non sempre applicabili nei confronti dei pazienti senza dimora[4].

Le infezioni a livello del piede, nei pazienti affetti da Diabete, usualmente iniziano da ulcerazioni cutanee, e questa condizione è la causa di circa il 60% delle amputazioni ed è verosimilmente la causa più comune di outcome sfavorevole[5], che può essere evitato mediante un monitoraggio dei livelli di glicemia e conseguente terapia di controllo, al fine di ritardare o prevenire le complicanze microvascolari e neuropatiche del Diabete di tipo 1 e tipo 2[6].

LE DIFFICOLTA’ DELLA GESTIONE DEL PIEDE DIABETICO SU STRADA

Il problema principale che ci si trova ad affrontare quando si somministra una terapia su strada ad un assistito senza fissa dimora, oltre alla garanzia del locale idoneo, sia per spazi che per asepsi, è rappresentata dalla difficoltà nel garantirgli una continuità assistenziale, poiché salvo eccezioni, questi individui si spostano spesso di territorio, rendendo difficile trovarli dopo aver iniziato un approccio farmacologico.

Come già detto in precedenza nel blog e scritto nel libro, trovare dei clochard di riferimento che conoscono le dinamiche della strada, è molto utile per ritrovare assistiti perduti.

Un altro problema è che i farmaci lasciati molto spesso non sono presi o presi male o venduti; si auspica quindi di somministrare terapie di persona senza lasciare all’assistito i farmaci, o lasciarne il meno possibile, la quantità sufficiente tra un servizio e l’altro. Le maggiori difficoltà si riscontrano nella gestione della terapia antidiabetica, antibiotica, antiipertensiva e psichiatrica.

Molta attenzione al fatto che l’assetto epatico e renale sia spesso misconosciuto o compromesso, la scelta del farmaco da usare, se usarlo, va dunque ponderata con molta attenzione. Punto non meno importante è valutare il tangibile rischio di dare dipendenza dal farmaco o dal soccorritore.

La gestione del dolore deve sempre tener conto oltre che delle manifestazioni cliniche della patologia, anche dei rischi e dei limiti della terapia farmacologica: prestare sempre attenzione alle condizioni morbose associate del paziente e soprattutto alle terapie in atto se presenti.

Ricordare sempre che su strada, a causa dell’alcol e delle condizioni ambientali, i pazienti sono maggiormente affetti da disturbi epatici, renali e gastrici.

Una difficoltà, che si trova su strada, inoltre è spesso l’impossibilità nell’avere in tempi ragionevoli, delle procedure di diagnostica per immagine, a completamento del quadro clinico, come l’ecografia dei tessuti molli, l’ecocolordoppler arterioso e venoso dei vasi degli arti inferiori, l’Rx/TC/RM del piede o l’arteriografia/angioTC/angioRM degli arti inferiori. Ovviamente allo stato attuale rasenta l’utopia richiedere ed eseguire metodiche diagnostiche avanzate come la scintigrafia con leucociti marcati o la biopsia ossea con esame microbiologico ed antibiogramma nel sospetto di una osteomielite.

VALUTAZIONE DEL PIEDE DIABETICO

Lo stato e l’estensione delle ulcere agli arti inferiori possono essere classificate mediante la classificazione di Wagner, che distingue 6 gradazioni (punteggio 0-5) in relazione alla profondità dell’ulcera, se superficiale, profonda, se vi è la presenza di osteomielite, ascessi o gangrena e l’eventuale estensione della gangrena (Tab.1) [7]

Prima della terapia, la valutazione del piede diabetico (in regime ambulatoriale) prevende le seguenti indagini cliniche:

- Palpazione del polso arterioso e dei riflessi osteo-tendinei

- Test per la valutazione della sensibilità tattile (filamento da 10-g applicato lungo l’area plantare)[8] e vibratoria

- Esame fisico dell’ulcera (dimensioni, estensione, morfologia)

- L’ABI, ovvero il rapporto tra la pressione sistolica rilevata alla caviglia e la pressione sistolica omolaterale al braccio

-Determinazione della pressione di ossigeno (ossimetria) transcutanea (TcPO2)

- Esami laboratoristici e strumentali del caso, qualora possibili.

Le ferite infette sono diagnosticate clinicamente per la presenza dei classici segni di infiammazione (arrossamento, calore, dolore, edema e limitazione funzionale), dalla presenza di secrezioni purulente e maleodoranti dalla ferita, e, se grave, da sintomi sistemici concomitanti (ipertermia o ipotermia). [9]

MEDICAZIONI DEL PIEDE DIABETICO IN CONDIZIONI DIFFICILI

Per definizione, la medicazione è una applicazione terapeutica locale atta a proteggere i tessuti lesionati e favorire i processi riparativi. E’ fondamentale scegliere la giusta medicazione in base ai risultati che si vogliono ottenere. In tal caso è imperativo conoscere sia il tipo di paziente, che le caratteristiche della lesione (soprattutto i tessuti interessati) che i prodotti da usare.

Il trattamento su strada, a differenzia da un trattamento analogo eseguito in ambito domiciliare, ambulatoriale o ospedaliero, va “modellato” sul paziente e la terapia del piede diabetico prevede sia trattamento medico della patologia di base (previa consulenza specialistica) ed trattamento locale della ferita qualora possibile, ovviamente è imperativo ospedalizzare il paziente qualora sia necessaria una necrosectomia o un debriement di un'ulcera infetta, mentre è auspicabile l'utilizzo dell'assistenza sanitaria itinerante per la gestione delle medicazioni ricorrenti nel paziente già trattato in regime protetto, oppure valutare clinicamente le ulcere da inviare a visita specialistica.

La detersione, la correzione della carica batterica e il mantenimento di un micro-ambiente umido sono i cardini delle medicazioni delle ulcere diabetiche.

Il trattamento del piede diabetico è in linea di massima standardizzato, e prevede l’esecuzione delle procedure in ambiente asettico[10], per quanto concerne la rimozione del tessuto necrotico (debriement), l’eventuale drenaggio di ascessi, e le medicazioni avanzate.

L’utilizzo degli unguenti antibiotici (gentamicina o sulfadiazina argentica) è previsto qualora presenti segni locali di infezione, mentre la terapia antibiotica sistemica è prevista se ai segni locali si associano anche segni di infezione sistemica (febbre, ipotermia, sonnolenza, brividi, sensorio alterato).

Una volta detersa la ferita con soluzione fisiologica sterile (28-30°C per evitare vasocostrizione locale che risulterebbe dannosa), eseguito il debriement, si pulisce con soluzione iodata e si applicano creme antibiotiche a largo spettro (sulfadiazina argentica) e garze non aderenti, meglio idrocolloidi se presenti (necessari al mantenimento del micro-ambiente umido e favorire la guarigione delle ferite in maniera più rapida).

La terapia compressiva e la immobilizzazione sono utili per ridurre l’edema. Se possibile ai pazienti vanno dati calzari protettivi. Per ottimizzare la guarigione, la medicazione va cambiata tre volte a settimana (previa valutazione medica), con tempi di guarigione variabili e correlate anche ai livelli glicemici del soggetto.

La terapia analgesica (tramadolo o acetaminofene) o anestesia locale (lidocaina), va somministrata al bisogno e se non controindicato.

L’ospedalizzazione è indicata:

-In urgenza se compaiono segni di sepsi severa o shock settico e se vi sono segni di ischemia acuta degli arti inferiori (riduzione del flusso ematico che se non trattata, comporta dolore a riposo, ulcerazioni cutanee e perdita di tessuto), che se non trattate prontamente possono esitare nelle complicanze maggiori quali infarto del miocardio, stroke e morte.

-In elezione va chiesta la consulenza chirurgica specialistica se il paziente necessita di interventi più complessi, come rivascolarizzazione arteriosa, necrosectomia, amputazione (minore o maggiore), VAAC Theray o resezione articolare, decisione appannaggio del medico presente al momento della diagnosi.

AUTORE DELL’ARTICOLO: Dott. Marco Matteoli, medico chirurgo, specialista in diagnostica per immagini e medico volontario della Croce Rossa Italiana.

[1] Hwang Sw, Bugeja Al: Barriers to appropriate diabetes management among homeless people in Toronto. CMAJ 163: 161, 2000.

[2] Matteoli, M., Scaringi, C., Carella, P., Fruttaldo, L., Angeloni, U. and Laurenza, M. (2015). A Mobile Health Service to Manage Diabetic Foot in Homeless Patients. Journal of the American Podiatric Medical Association, 105(5), pp.424-428.

[3] Hoshide Rr, Manog Jd, Noh T, Et Al: Barriers to healthcare of homeless residents of three Honolulu shelters. Hawaii Med J 70: 214, 2011.

[4] Hwang Sw, Bugeja Al: Barriers to appropriate diabetes management among homeless people in Toronto. CMAJ 163: 161, 2000.

[5] International Working Group On The Diabetic Foot: International Consensus on the Diabetic Foot, International Working Group on the Diabetic Foot, Amsterdam, 1999.

[6] Brechow A, Slesaczeck T, Munch D, Et Al: Improving major amputation rates in the multicomplex diabetic foot patient: focus on the severity of peripheral arterial disease. Ther Adv Endocrinol Metab 4: 83, 2013.

[7] Wagner Fw: The dysvascular foot: a system for diagnosis and treatment. Foot Ankle 2: 64, 1981.

[8] American Diabetes Association: Standards of medical care in diabetes—2013. Diabetes Care 36: S11, 2013.

[9] Joseph Ws, Lipsky Ba: Medical therapy of diabetic foot infections. J Vasc Surg 52 (suppl): 67S, 2010.

[10] Lepantalo M, Apelqvist J, Setacci C, Et Al: Chapter V: diabetic foot. Eur J Vasc Endovasc Surg 42 (suppl 2): S60, 2011.

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