VIOLENZA SESSUALE: Aspetti legislativi
Ufficialmente condannata dalle Legislazioni di tutti gli Stati membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, la violenza sessuale, all’interno del nostro ordinamento giuridico, è penalmente sanzionata dagli artt. 609 bis e ss. del nostro Codice Penale.
Inserito nei delitti contro la libertà personale, all’interno della Sezione II, Titolo XII, Libro II del Codice Penale, con il delitto di violenza sessuale, il nostro Legislatore ha inteso punire la condotta di chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringa taluno a compiere o subire atti sessuali.
Interesse tutelato dalla norma in oggetto è la libertà personale, intesa quale libertà di autodeterminazione a compiere un atto sessuale.
Da ciò ne consegue che non è idoneo a integrare la fattispecie in questione ogni atto espressivo della concupiscenza del soggetto attivo, essendo, invece, indispensabile che tale atto offenda la sfera di sessualità fisica della vittima.
La condotta vietata dall’art. 609 bis c.p. (violenza, minaccia, abuso di autorità), se connotata da “costrizione”, infatti, comprende, oltre a ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto che anche se non realizzato attraverso il contatto fisico diretto con la persona offesa, sia idoneo a porne in pericolo la libertà personale, attraverso l’eccitazione o il soddisfacimento dell’istinto sessuale del soggetto agente.
Dibattuta, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, stante la sua indeterminatezza, l’esatta individuazione del significato da attribuire alla nozione di “atti sessuali” richiamati dalla norma.
Invero, essa altro non è che la risultante della somma delle previgenti nozioni di “congiunzione carnale” e “atti di libidine”, previste rispettivamente dagli artt. 519 e 521 c.p., poi abrogati dalla legge del 15 Febbraio del 1996 n. 66, recante norme contro la violenza sessuale, che ha introdotto i delitti di violenza sessuale (artt. 609 bis – 609 decies c.p.).
Per cui essa oggi ricomprende tutti gli atti che, secondo il senso comune e l’elaborazione giurisprudenziale, esprimono l’impulso sessuale del soggetto agente con invasione della sfera sessuale del soggetto passivo (Cass. Sez. III 04/35118).
Rientrano nella nozione di atti sessuali, anche i toccamenti, i palpeggiamenti e i fregamenti sulle parti intime delle vittime, suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale del soggetto attivo anche in modo non completo e/o di breve durata, essendo del tutto irrilevante, ai fini della consumazione del reato in questione, che il soggetto abbia o meno conseguito la soddisfazione erotica (Cass. Sez. III 06/21167).
La condotta costrittiva idonea a integrare la fattispecie in questione deve essere posta in essere con minaccia o violenza, o anche con abuso di autorità.
Tralasciando la condotta di abuso di autorità, per ragioni di speditezza e sinteticità del presente articolo, appare opportuno evidenziare che la giurisprudenza spesso riconosce alla minaccia e alla violenza significati molto ampi che vanno al di là delle accezioni comuni.
In taluni casi, si è persino giunti ad affermare che la mancanza di consenso della vittima costituisce requisito esplicito della fattispecie, con la conseguenza che l’errore sul dissenso si sostanzia in un errore inescusabile sulla legge penale (Cass., Sez. III, 10.03.2011).
Tuttavia, come recentemente affermato dalla Suprema Corte, il delitto non richiede l’imposizione violenta – e nemmeno meramente dissensuale – di atti sessuali, bensì unicamente la mancanza del consenso della vittima agli stessi: in assenza di indici chiari e univoci di consenso, si deve presumere il dissenso del destinatario degli atti sessuali (Cass., Sez. III, 22.11.2016 n. 49597, secondo cui è irrilevante l’eventuale errore sull’espressione del dissenso anche ove questo non sia stato esplicitato).
Con riferimento ai rapporti fra partner, la giurisprudenza non ha mancato di precisare che il rifiuto, non già in astratto rapporto sessuale con il proprio partner, bensì a uno specifico rapporto sessuale preteso dal coniuge, non consente di eliminare, nel caso concreto, il requisito della violenza che caratterizza il rapporto sessuale ai fini dell’integrazione del delitto (Cass., Sez. IV, 11.6.2013 – 13.1.2014 n. 980).
Nel delitto di violenza sessuale è irrilevante che tra marito e moglie vi sia stata una abitualità di rapporti intimi nel corso della relazione matrimoniale, poiché ciascuno di essi deve essere caratterizzato da una convergenza di volontà e non può mai discendere dall’imposizione di una parte sull’altra (Cass., Sez. III, 28.10.2014, n. 3231; Cass., Sez. III, 13.02.2015, n. 39865).
Inoltre, ai fini della configurabilità del delitto di violenza sessuale, sono prive di rilevanza le circostanze relative all’assenza di lesioni personali sul corpo della vittima, il comportamento remissivo della stessa , anche successivo ai fatti, e le esitazioni nello sporgere denuncia, in quanto tali circostanze sarebbero facilmente spiegabili con lo stato di terrore nel quale versa la vittima (Cass. Sez. III, 12.05.2010).
La pena prevista per il delitto di violenza sessuale è quella della reclusione da cinque a dieci anni (art. 609 bis c.p.).
Alla stessa pena, peraltro, soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali, cioè attraverso una condotta posta in essere, non mediante azione diretta sulla vittima, bensì secondo modalità specificamente descritte dalla stessa norma (abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto ovvero traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona), idonee a suggestionare la volontà della vittima.
La pena, per il delitto di violenza sessuale, è aumentata da sei a dodici anni di reclusione, se i fatti sono commessi:
- nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni quattordici; con l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche, o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa (il prossimo articolo del blog verterà sulle droghe da stupro: quali vengono usate e come difendersi);
- da persona travisata o che simuli la qualità di pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio;
- su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale;
- nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni sedici della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore.
Se il fatto è commesso nei confronti di una persona che non ha compiuto gli anni dieci, la pena è della reclusione da sette a quattordici anni (art. 609 ter).
Inoltre, soggiace alla pena della reclusione da cinque a dieci anni, chiunque, al di fuori delle ipotesi descritte dall’art. 609 bis, compie atti sessuali con persona che, al momento del fatto:
- non ha compiuto gli anni quattordici;
- non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza (art. 609 quater).
I delitti summenzionati sono punibili a querela della persona offesa e il termine per la proposizione della stessa è raddoppiato rispetto a quello ordinario di tre mesi. Il termine, infatti, è di sei mesi dal momento del fatto, proprio al fine di consentire una valutazione più ponderata e meno emotiva della scelta da compiere.
La querela proposta è irrevocabile.
Si procede, tuttavia, d’ufficio se:
- se il delitto di violenza sessuale è commesso nei confronti di persona che al momento del fatto non ha compiuto gli anni quattordici;
- se il fatto è commesso dal genitore, anche adottivo, o dal di lui convivente, dal tutore, ovvero da altra persona cui il minore è affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia;
- se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell’esercizio delle proprie funzioni;
- se il fatto è connesso con un altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio;
- se la persona offesa non ha compiuto gli anni dieci.
Al fine di reprimere specificatamente condotte che, purtroppo, erano diventate sempre più frequentemente oggetto di cronache giudiziarie, il Legislatore del ’96 ha introdotto una fattispecie ad hoc con riferimento alla violenza sessuale di gruppo (art. 609 octies c.p.).
Se, infatti, agli atti di violenza sessuale, descritti dall’art. 609 bis, abbiamo partecipato più persone riunite si integra il delitto di violenza sessuale di gruppo e la pena è quella della reclusione da sei a dodici anni.
Trattasi di un’ipotesi di tipica fattispecie di reato a carattere necessariamente plurisoggettivo proprio, in quanto la partecipazione, agli atti di violenza sessuale, da parte di più persone riunite è richiesta quale elemento costitutivo.
Come sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità, però, mentre è necessario che costoro partecipino all’esecuzione materiale del reato, non occorre che tutti compiano "atti di violenza sessuale" (Cass. Sez. III, 11.03.2010).
La partecipazione al reato di violenza sessuale di gruppo non è limitata al compimento, da parte del singolo, di un’attività tipica di violenza sessuale, ma ricomprende qualsiasi condotta partecipativa, tenuta in una situazione di effettiva presenza non da mero "spettatore", sia pure compiacente, sul luogo e al momento del reato, che apporti un reale contributo materiale o morale all’azione collettiva (Cass., Sez. III, 18.10.2011 n. 44408).
Inoltre, onde tutelare la riservatezza della persona offesa da atti di violenza sessuale, il Legislatore del ‘96 ha introdotto un’apposita norma, l’art. 734 bis c.p., che punisce, con l’arresto da tre a sei mesi, chiunque divulghi, anche attraverso mezzi di comunicazione di massa, le generalità o l’immagine della persona offesa senza il suo consenso.
Sempre a tutela della riservatezza della persona offesa è previsto che il dibattimento relativo ai delitti suddetti si svolga a porte aperte, tuttavia, la stessa persona offesa può chiedere che si proceda a porte chiuse anche solo per una parte di esso. Si procede sempre a porte chiuse quando la persona offesa è minorenne.
In tali procedimenti non sono ammesse domande sulla vita privata o sulla sessualità della persona offesa se non sono necessarie alla ricostruzione del fatto.
È previsto, infine, che l’imputato di simili delitti sia sottoposto, con le forme della perizia, ad accertamenti per l’individuazione di malattie sessualmente trasmissibili, qualora le modalità del fatto possano prospettare un rischio di trasmissione delle patologie medesime.
Il presente lavoro, non ha alcuna pretesa di esaustività, volendo solo offrire una panoramica generale anche ai "non addetti ai lavori" che possa servire da monito a eventuali denunce.
La libertà personale, a parere di chi scrive, è in assoluto il più importante diritto inviolabile dell’uomo e in quanto tale merita di essere tutelato in ogni forma possibile e la sua violazione condannata severamente.
Per qualsiasi chiarimento, curiosità, finanche assistenza legale è possibile scrivere al seguente indirizzo di posta elettronica: cristinaanna.daquila@tiscali.it
AUTRICE DELL’ARTICOLO: Avv. Cristina Anna D’Aquila; nata a Catania, il 18.12.1985, da sempre mossa da ideali di giustizia, si laurea in Giurisprudenza, presso l’Università degli studi di Catania il 30 Aprile 2010. Due anni più tardi, nel Luglio del 2012, si diploma presso la Scuola di Specializzazione per le professioni legali di Catania ed, infine, si abilita all’esercizio della professione forense, nel Novembre del 2013. Oggi collabora con uno degli studi di diritto penale più prestigiosi di Catania e offre consulenza gratuita ai meno fortunati.
La difesa è un diritto inviolabile e va garantito a chiunque.
SEGUI GLI ALTRI ARTICOLI DI QUESTO BLOG:
I parte - Unità di strada: cosa sono e come gestire i casi di Intimate Partner Violence e violenza sessuale
III parte - Violenza sessuale: aspetti legislativi.
V parte - L'uomo come oggetto di violenza sessuale e violenza domestica [online il 25/08/2017]
VI parte - Il profilo della donna vittima di violenza e del carnefice [online il 01/09/2017]