Anche gli squali soffrono: descrizione, analisi e prevenzione del COMPORTAMENTO SUICIDARIO
Un poeta maledetto come Baudelaire direbbe che tra gli abissi del mare e gli abissi dell’animo umano la differenza sia minima. L’articolo di oggi inizia con la citazione della canzone intitolata “Haifisch” (squalo) del gruppo metal tedesco “Rammstein”; il ritornello di questa canzone racconta di come l’apparenza imperturbabile dello squalo, re del mare, non faccia trapelare né la sua intima sofferenza né le sue debolezze. La canzone descrive di come lo squalo, una figura apparentemente forte, dura e aggressiva, possa in realtà avere un lato fragile e versare delle lacrime, anche se queste, mescolandosi con l’acqua del mare, non possono essere viste dall’esterno.
L’autrice di questo articolo, la Dott.ssa Jessika Visentin, Psicologa, con un parallelismo a questa canzone, ci parla di un tipo di vulnerabili spesso misconosciuti e sottovalutati, ovvero di coloro che hanno ideazione e fattori di rischio suicidari.
"Haifisch" è la quarta traccia di "Liebe ist für alle da", il sesto album dei Rammstein, pubblicato il 16 Ottobre 2009.
Quante sono le persone che vengono viste come squali: forti, tenaci, in grado di affrontare le difficoltà?
Quante volte si commettono degli errori valutativi e non si pensa che anche questi individui possano soffrire, provare dolore, piangere?
Molte volte questi “squali umani” vengono ritrovati senza vita. Gesto estremo: suicidio.
E quante volte, dopo la notizia di un suicidio, si possono sentire esclamazioni stupite del tipo: <<non avrei mai pensato che questo individuo potesse suicidarsi>>?
In Italia, secondo i dati più aggiornati dell’ISTAT, nel 2013 [8] le persone che si sono suicidate sono state oltre quattromila (le stime dichiarano 4291 suicidi nel 2013).
Il suicidio, secondo un’attenta analisi della letteratura suicidologica, deve essere valutato prendendo in considerazione diversi elementi: l’ideazione suicidaria casuale senza pianificazione (da differenziare dall’ideazione con pianificazione); l’autolesionismo con o senza intento di morte e il suicidio completo [1]
Ma per quale motivo le persone scelgono di commettere un atto così estremo?
Secondo la teoria interpersonale, la forma più pericolosa di desiderio suicidario è causato dalla presenza contemporanea di due fattori interpersonali: la percezione individuale di una mancata appartenenza (<<io sono da solo>>) e la percezione di essere un peso per gli altri (<<io sono un peso>>). Queste due percezioni, associate alla capacità pratica di mettere in atto comportamenti suicidari, portano a un rischio tangibile di commettere l’atto anti-conservativo [2].
Il suicidio, inteso come “atto a esito fatale, pianificato e portato a termine da un individuo”, è da distinguere rispetto al tentato suicidio e al desiderio suicidario. Con quest’ultimo termine, infatti, si fa riferimento ad un insieme di pensieri riferiti alla messa in atto di azioni atte a produrre la morte [3].
Inoltre, è molto importante conoscere i fattori di rischio relativi al suicidio. Cosa conduce una persona a suicidarsi? Vi possono essere diversi motivi, ma i principali risultano essere:
- Disturbi dell’umore (Depressione, Disturbo bipolare);
- Disturbi da abuso di sostanze;
- Disturbi della condotta;
- Schizofrenia;
- Disturbo Post Traumatico da stress;
- Disturbo Borderline di Personalità;
- Eventi di vita problematici che possono causare stress, come per esempio difficoltà economiche e relazionali [4].
Tra i fattori di rischio secondari si trova l’insonnia: in misura variabile essa può condurre a sintomi depressivi o depressione maggiore, e questa relazione può spiegare anche la correlazione significativa tra la deprivazione di sonno e il rischio suicidiario [5].
Tuttavia è fondamentale saper riconoscere i segni e i comportamenti che un individuo potrebbe mettere in atto prima di tentare di togliersi la vita.
I campanelli dall’arme del suicidio sono i seguenti [4]:
- Il più importante fattore predittivo del suicidio è il para suicidio, che include sia il tentativo di suicidio, che le autolesioni deliberatamente inflitte con o senza intenzionalità di morte; [5]
- Problemi di concentrazione o al contrario, pensare lucidamente;
- Fare discorsi sul bisogno di allontanarsi dal nucleo familiare o di mettere in ordine i propri affari;
- Cambiare improvvisamente comportamento, soprattutto apparire molto calmi dopo un periodo ricco d’ansia;
- Perdita di interesse per quanto riguarda le attività che solitamente si amava fare;
- Comportamenti auto distruttivi (es. bere alcol, fare uso di sostanze psicotrope, autolesionismo)
- Allontanarsi dagli amici e non voler più uscire;
- Aver improvvisamente problemi a scuola o al lavoro;
- Fare discorsi circa la morte o circa la possibilità di auto lesionarsi;
- Discutere circa la propria sensazione relativa all’essere senza speranza o al sentirsi colpevoli;
- Cambiare abitudini circa l’alimentazione e i periodi di sonno;
- Organizzare i metodi per togliersi la vita (es. comprare delle armi, farmaci).
Ma per quale motivo le persone che sono a rischio di suicidio non chiedono aiuto?
In genere, coloro che sono a rischio suicidio pensano che nessuno possa dare loro una mano, e non hanno nemmeno intenzione di parlare con qualcuno dei loro problemi.
L’atto del chiedere aiuto può apparire alla loro vista come un segno di debolezza. Inoltre, è possibile che non siano a conoscenza dei modi e dei luoghi dove recarsi per farsi aiutare [7].
Un altro punto importante è la prevenzione:
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) afferma che non tutti i suicidi possono essere prevenuti, ma molte vite potrebbero comunque essere salvate [8].
Lo sviluppo e l’implementazione di strategie nazionali e di specifici interventi locali sarebbero in grado di ridurre sensibilmente i tassi di suicidio in diverse popolazioni.
Le iniziative organizzate per la prevenzione al suicidio si sono concentrate basandosi su tre serie di osservazioni:
- Il comportamento suicidario tende ad essere associato con la crisi. Esistono nella vita situazioni di stress particolari e di limitata durata temporale.
- Le persone considerano il suicidio con grande ambivalenza psicologica. La volontà di morire esiste contemporaneamente e in conflitto con il desiderio di essere soccorsi e sopravvivere.
- Anche durante i periodi di crisi, le persone mantengono il bisogno umano di esprimersi e comunicare con gli altri.
Risulta molto importante prestare attenzione ai segnali delle persone che ci stanno vicino: alcune settimane prima dell’atto suicidario, due terzi di coloro che hanno commesso suicidio avevano comunicato a persone differenti il proprio intento; la metà di costoro non ha mai avuto contatti con un operatore della salute mentale [3].
Molte persone che tentano il suicidio parlano di sentimenti di disperazione e non appartenenza prima di commettere il fatto. Qualche volta, il singolo atto di dialogare con qualcuno di caro e vicino, che si astiene dal giudicarli, può essere sufficiente a ridurre il rischio suicidiario.
È di fondamentale importanza inoltre soffermarsi sul mondo adolescenziale. Secondo i dati dell’OMS, il suicidio risulta essere la terza causa di morte tra i teenagers.
Ci sono vari approcci alla prevenzione del suicidio in adolescenza e riguardano soprattutto i programmi scolastici incentivanti il benessere psicologico. E’ di particolare importanza inserire un training mirato verso figure chiave come gli insegnanti, nonché ridurre l’accesso a mezzi che potrebbero essere utilizzati sia per l’autolesionismo che per il suicidio. Internet può essere una risorsa per trovare aiuto, come anche le helplines, purché l’utilizzo venga incentivato in tal senso [9].
In qualsiasi caso se siete amici, familiari o conoscete qualcuno che pensate possa essere a rischio di suicidio, non cercate mai di trattare il problema da soli, ma cercate aiuto. Non ignorate mai una minaccia suicidaria o un tentativo di suicidio. Contattate un esperto di salute mentale e soprattutto NON ignorate il soggetto anche se siete convinti che stia solo cercando di attirare l’attenzione.
SERVIZI NAZIONALI PER LA PREVENZIONE DEL SUICIDIO
Telefono amico: 199 284 284
Telefono amico Cevita: 02 99777
Help – line ospedale S. Andrea Roma: 06-33777740 (orario: 9.00 – 16.30) Servizio per la prevenzione del suicidio: www.prevenireilsuicidio.it
AUTRICE DELL’ARTICOLO: Dott.ssa Jessika Visentin, Psicologa, specializzanda in psicoterapia cognitiva comportamentale in ambito clinico e forense. Attualmente sta conseguendo il master in sessuologia clinica e nel trattamento della dissociazione traumatica.
Si occupa principalmente di disagio, emarginazione, disabilità, dipendenze, sex offenders (aggressori sessuali).
Email: info@dottoressavisentin.com
Bibliografia e sitografia
1. Meneghel, G., Cavan, C., Corinto, B. and Pavan, L. (2014). Epidemiologia del suicidio e dell’ideazione suicidaria. Il suicidio, (4), pp.247-256.
2. Van Orden K. A., Witte K. T., Cukrowicz K. C. et al. (2011). The Interpresonal Theory of Suicide. PMC.
3. Pompili, M. (2013). Prevenzione del suicidio. Available at: http://3. www.psicologia1.uniroma1.it/repository/574/Prevenzione_del_suicidio.ppt
4. DeMaso D.R., Walter H.J., Wharff E.Z., Suicide and attempted suicide. In: Kliegman, R., Stanton, B., St. Geme, J., Schor, N. and Nelson, W. (2016). Nelson textbook of pediatrics. Philadelpha, PA: Elsevier.
5. Baglioni, C., Battagliese, G., Feige, B., Spiegelhalder, K., Nissen, C., Voderholzer, U., Lombardo, C. and Riemann, D. (2011). Insomnia as a predictor of depression: A meta-analytic evaluation of longitudinal epidemiological studies. Journal of Affective Disorders, 135(1-3), pp.10-19.
6. Welch, S. (2001). A Review of the Literature on the Epidemiology of Parasuicide in the General Population. Psychiatric Services, 52(3), pp.368-375.
7. Brendel R.W., Wei M., Lagomasino I.T., Perlis R.H., Stern T.A. Care of the suicidal patient. In: Stern, T. (2016). Massachusetts General Hospital comprehensive clinical psychiatry. London [u.a.]: Elsevier.
8. Epicentro.iss.it. (2017). Il fenomeno suicidario in Italia. [online] Available at: http://www.epicentro.iss.it/temi/mentale/SuicidiItalia2014.asp
9. Hawton, K., Saunders, K. and O'Connor, R. (2012). Self-harm and suicide in adolescents. The Lancet, 379(9834), pp.2373-2382.