VITTIME E CARNEFICI: I profili psicologici nelle dinamiche di violenza domestica e violenza sessuale
In questo ciclo di articoli abbiamo discusso delle varie problematiche della violenza domestica e della violenza sessuale: abbiamo discusso su come gestire questo tipo di assistiti, ci siamo focalizzati sugli aspetti puramente medici come su quelli giuridici, abbiamo parlato delle droghe da stupro e abbiamo fatto un excursus sui casi di violenza verso gli uomini. A conclusione di questo ciclo, parliamo, assieme alla Dr.ssa Carmen Di Rosa, psicologa, dei profili psicologici delle vittime e degli aggressori, e soprattutto dei fattori di rischio che possono causare tali dinamiche.
VIOLENZA DOMESTICA
Con il termine violenza domestica si intende ogni forma di persecuzione o aggressione messa in atto all’interno di una relazione intima, presente o pregressa. La violenza può essere attuata o solo tentata, e come abbiamo già chiarito in altri articoli, può essere fisica, psicologica, morale, economica o sessuale.
Il termine “violenza domestica” non è sufficiente a spiegare il fenomeno in tutta la sua complessità, poiché in questa definizione vengono incluse azioni lesive che comportano danni sia fisici che psicologici; la violenza domestica è contestualizzabile sia in coppie sentimentalmente legate, che ex compagni o coppie di fatto, senza dimenticare che può interessare entrambi i sessi ed entrambi gli orientamenti sessuali [1].
Nella letteratura anglosassone viene attualmente utilizzato il termine intimate partner violence (IPV), già utilizzato nei precedenti articoli del blog. Nella lingua italiana non si usa l’espressione "violenza interpersonale intima", quindi nel presente lavoro sarà usato il termine violenza domestica tenendo conto delle precisazioni appena fatte.
A livello mondiale si stima che la violenza domestica rientri tra i fattori di rischio per la salute, sia fisica che psicologica, e che abbia effetti negativi superiori rispetto gli incidenti stradali e la malaria combinati insieme. In particolare, nonostante la difficoltà di disporre di dati statistici, si stima che tra il 20 e il 50% delle donne, a seconda del Paese, abbia subito una qualche vessazione fisica per mano del partner intimo o di un membro della famiglia [2].
La violenza all’interno della coppia, al fine di essere continuativa e progressiva deve intraprendere un circolo vizioso che viene definito ciclo della violenza.
Il ciclo della violenza comporta tre fasi a ripetizione ciclica ed è stato teorizzato dalla psicologa americana Lenore Walker [3] a partire dalla fine degli anni settanta del secolo scorso.
-Fase 1: La tensione, ovvero un'agitazione crescente, con espressioni, gesti e atteggiamenti scontrosi da parte del partner;
-Fase 2: Il maltrattamento può essere preceduto da violenza verbale, minacce, oppure rotture di oggetti; il primo evento può avvenire in maniera inaspettata e all'inizio la vittima può essere confusa. Questa fase si manifesta in modo graduale e cresce con il tempo;
-Fase 3: Le scuse, o luna di miele, ovvero una fase di attenzioni amorevoli nel quale il partner, al fine di manifestare il proprio amore, può scusarsi, comprare regali, giustificarsi o promettere di cambiare. Questa fase è quella che impedisce la rottura della relazione “tossica” ed è il preludio di nuovi episodi di maltrattamenti [4].
Un filo comune che lega molte storie di violenza da parte di un ex partner lo si trova in un evento che viene definito l’ultimo incontro chiarificatore, legato anche a molti casi di omicidio [5].
Una volta analizzate le generalità della violenza domestica, andiamo ad analizzare nello specifico i profili psicologici degli aggressori e delle vittime.
“Domestic violence” Foto scattata da Shannon Dermody
PROFILI PSICOLOGICI E FATTORI DI RISCHIO DELLE VITTIME NELL’AMBITO VIOLENZA DOMESTICA
Le DONNE sottoposte a violenza domestica
La letteratura scientifica e l’esperienza personale suggeriscono che è improprio tentare di delineare veri e propri profili psicologici di vittime e carnefici, tuttavia, si possono individuare dei fattori che possono aumentare il rischio di divenire vittime di una relazione violenta [6]:
- relazioni disfunzionali nella famiglia d’origine;
- dipendenza da alcol e/o sostanze stupefacenti nelle figure di accudimento;
- mancata fiducia nelle figure di accudimento;
- maltrattamento o abuso in età minore;
- modelli socio-educativi mirati alla sottomissione. Le bambine che assistono ai maltrattamenti nei confronti della madre hanno maggiori probabilità di accettare la violenza come la norma in un matrimonio rispetto a quelle che provengono da famiglie non violente[7].
In età adulta, altri fattori di rischio sono la scarsa indipendenza economica della donna rispetto all’uomo e l’isolamento sociale, quest’ultimo inteso come un’assenza di reti sociali, sia informali (famiglia e vicini di casa) che formali (organizzazioni della comunità, gruppi di sostegno tra donne, affiliazione a partiti politici).
Una ricerca condotta dalla sociologa tedesca Cornelia Helfferich nel 2005 [8] ha esaminato la prospettiva soggettiva di donne sposate con mariti violenti; in questo studio i mariti erano stati allontanati, su disposizione della polizia, dal domicilio comune.
In base a questi dati è stato possibile identificare quattro tipologie di vittime femminili di violenza domestica, che possiamo dividere a loro volta in due tipi: donne che hanno risorse per contrastare il fenomeno, e donne che non hanno risorse sufficienti a farlo.
Nella prima categoria, ovvero le donne che hanno risorse per contrastare il fenomeno sono a loro volta inquadrabili in tre sottotipi:
- “Separazione rapida”: donne che intrattengono in genere un rapporto relativamente recente con il partner violento. La loro immagine di rapporto di coppia deve essere priva di violenza; sono consapevoli di sé e ben informate. L’allontanamento della persona violenta è molto efficace in questi casi, poiché contribuisce a mettere fine al rapporto violento. Una riappacificazione è immaginabile solo a chiare condizioni;
- “Separazione avanzata”: sono donne spesso sposate da anni e con figli. Nel corso del rapporto la violenza aumenta, e con essa, il desiderio di separazione da parte della donna. Le vittime descrivono il loro rapporto di coppia come una lotta per difendere i propri interessi. L’escalation della violenza aumenta la capacità d’azione ma anche i rischi delle donne, che dopo un eventuale intervento da parte della polizia, usualmente decidono di separarsi per mettere fine al rapporto. Tuttavia durante e dopo l’allontanamento in genere si sentono insicure e temono di subire nuovi abusi;
- “Nuova opportunità”: in questa tipologia rientrano prevalentemente donne più anziane che in genere sono sposate da molti anni e hanno dei figli. Queste donne hanno una chiara idea della normalità familiare. Descrivono la violenza come episodi isolati che turbano la consuetudine e li attribuiscono a problemi del marito (alcolismo, disturbi psichici o dipendenza dal gioco d’azzardo). L’allontanamento mediato dalla polizia viene preceduto di regola da diversi tentativi di indurre l’uomo a cambiare comportamento: l’allontanamento viene utilizzato come prova decisiva, durante la quale la donna spera nell’”effetto pedagogico” esercitato da terzi sul marito violento. L’obiettivo non è solo la separazione ma una continuità del rapporto coniugale, tuttavia senza violenza.
Le vittime associate a queste prime tre tipologie dispongono di risorse personali sufficienti per decidere da sole se proseguire o interrompere la relazione.
L’intervento immediato e il sostegno di queste donne nelle situazioni di violenza è importante per proteggerle da ulteriori maltrattamenti e aiutarle a prendere una decisione: spesso sono poi in grado di compiere i passi successivi da sole o con l’aiuto di specialisti. Le prime due tipologie di vittime frequentemente si mantengono ferme sulla loro volontà di separarsi, mentre la tipologia “Nuova opportunità” esige prove evidenti della volontà del partner di modificare il proprio comportamento maltrattante, per esempio la partecipazione ad un programma di recupero per persone violente.
L’ultima categoria, quelle del “legame ambivalente” invece non hanno le risorse sufficienti per mettere fine alla spirale di violenza, e sono quelle che necessitano più supporto.
- “Legame ambivalente”: questa tipologia include le donne traumatizzate da lunghi anni di violenza cronica subita dal partner. Queste donne generalmente si sentono inermi e inefficienti, e vivono un conflitto di ambivalenza nel quale si ritrovano spesso in un forte rapporto di dipendenza dalla persona violenta: è proprio in questo genere di rapporti che s’innesca la spirale della violenza. La paura fa sì che queste donne tentino di assumere il controllo della situazione dimostrando vicinanza e solidarietà con il partner violento e spesso sono convinte di dover sopportare la violenza per proteggere i propri figli. Molte di loro hanno già vissuto esperienze analoghe nell’infanzia e sono convinte che anche un altro compagno sarebbe violento. Neanche una separazione fisica dal coniuge, ottenuta attraverso l’allontanamento disposto dalla polizia, può aumentare la sicurezza di questa tipologia di vittime: capita spesso, infatti, che queste donne accolgano nuovamente il marito a casa subito dopo l’allontanamento.
Gli UOMINI sottoposti a violenza domestica
Come già osservato negli articoli precedentemente pubblicati, soprattutto nel panorama italiano, il tema della violenza di genere, proposto con continuità a livello istituzionale e mediatico attraverso inchieste, sondaggi e ricerche, prende in considerazione solo l’eventualità che la vittima sia donna e che l’autore di reato sia uomo.
Tale informazione, distorta alla sua origine, passa tramite canali ufficiali dai media, alle campagne di prevenzione, determinando una conseguente sensibilizzazione unidirezionale che relega ad eccezioni, spesso non prese neppure in considerazione, le ipotesi che la violenza possa essere subita e/o agita da appartenenti ad entrambi i sessi.
I principali fattori di rischio per quanto riguarda gli uomini sono simili ad alcuni già citati per le donne [9]: scarsa autostima e scarso senso di autoefficacia, con conseguenti sentimenti cronici di vergogna e isolamento sociale.
Copertina del libro di Glenda Mancini “L’uomo vittima di una donna carnefice”
PROFILI PSICOLOGICI DEGLI AGGRESSORI NELL’AMBITO VIOLENZA DOMESTICA
Nel panorama internazionale, i casi di violenza domestica vanno anche dimensionati e contestualizzati in base alle dinamiche sociali di ogni Paese; a tale riguardo, nel 2017, le Nazioni Unite hanno eseguito una ricerca sociologica con l'appoggio di Amnesty International e UNICEF [10].
Tale ricerca identifica i Paesi Asiatici come quelli a maggior prevalenza di violenza domestica:
Russia, Indonesia, Malesia, Bangladesh, Iran, Libano, Arabia Saudita, Afghanistan e Pakistan sono i Paesi con il maggior numero di episodi violenti; in alcuni di questi Paesi vi è una depenalizzazione dei reati, in altri invece, gli abusi domestici sono in parte giustificati da influenze religiose e culturali.
I profili psicologici che tratteremo vanno contestualizzati in un panorama occidentale, nel quale vigono dei sistemi sociali e legislativi atti a identificare questo fenomeno come “disfunzionale”.
Profili psicologici e fattori di rischio degli UOMINI VIOLENTI in ambito domestico
I principali elementi che caratterizzano gli uomini che esercitano violenza in ambito domestico risultano essere i seguenti [11]:
- relazioni disfunzionali nella famiglia d’origine;
- abuso di alcol e/o sostanze stupefacenti;
- stress cronico;
- scarse reti di sostegno sociale;
- disoccupazione, con scarso senso di controllo finanziario della famiglia o, al contrario, la totale dipendenza economica da parte della partner;
- esperienze avute durante l’infanzia, come l’aver assistito a scene di violenza domestica o aver subito vessazioni fisiche e sessuali. I figli che assistono alla violenza del padre nei confronti della madre hanno una probabilità maggiore di essere autori di violenza nei confronti delle proprie compagne, interiorizzando la violenza come modo di risolvere i conflitti.
Gli studi internazionali condotti finora nell’ambito della violenza domestica hanno evidenziato tre tipologie di uomini violenti, sulla base di tre dimensioni descrittive: gravità e frequenza del maltrattamento, genericità della violenza (considerando qualunque altro eventuale comportamento criminale) e psicopatologia/disturbi di personalità. Per ogni tipologia sono stimate anche le possibilità di riuscita dei trattamenti psicologici [12] [13].
- “Family only-batterer”: gli uomini che appartengono a questa tipologia non sono quasi mai violenti al di fuori del contesto familiare e pertanto non manifestano pubblicamente comportamenti perseguibili penalmente. Limitano i loro atti di violenza alla famiglia e agiscono a seconda della situazione; la frequenza e la gravità degli atti che commettono è piuttosto contenuta. Dimostrano scarse competenze sociali nella relazione, sopportano male lo stress e hanno difficoltà ad esprimere le proprie emozioni. Tendono inoltre ad evitare i conflitti e soffrono di rado di problemi legati al consumo di alcol o di droga. Quando ricorrono alla violenza se ne pentono e soffrono per il comportamento adottato. Da bambini sono stati raramente vittime di violenza, che in genere tendono a rifiutare. In questi casi la terapia familiare ha buone probabilità di successo e un basso tasso di recidiva;
- “Dysphoric/borderline-batterer”: gli uomini classificati in questa tipologia ricorrono alla violenza per esercitare il proprio controllo e il proprio potere. Sono caratterizzati da una personalità instabile, vivono sentimenti di paura e stati depressivi e a volte soffrono di problemi dovuti al consumo di alcol e droghe. Presentano un comportamento ambivalente nei confronti della vittima e sono dipendenti dai rapporti sentimentali. Esercitano violenze più gravi rispetto agli aggressori della tipologia “Family only-batterer” e possono manifestare comportamenti violenti e penalmente rilevanti anche all’esterno della famiglia. Diversamente dalla prima tipologia, i tipi disforico/borderline presentano più spesso posizioni misogine e favorevoli ai comportamenti violenti. Rispondono bene alle terapie, specialmente se focalizzate sull’elaborazione del loro vissuto di violenza;
- “Generally violent/antisocial-batterer”: in questa tipologia rientrano gli uomini generalmente violenti e antisociali che presentano un elevato potenziale di violenza in vari contesti e compiono abusi in diverse costellazioni relazionali. Spesso questi individui hanno precedenti penali ed esercitano gravi violenze all’interno del rapporto di coppia: per loro il maltrattamento è uno strumento per conservare il potere, si dimostrano ostili nei confronti delle donne e hanno una visione rigida della sessualità. Possono essere estremamente manipolatori ma anche affascinanti, mancano di empatia e di competenze sociali. Hanno spesso problemi legati al consumo di alcol e sostanze stupefacenti. Non dimostrano mai o solo raramente segni di pentimento, non soffrono per la violenza commessa e non se ne assumono le responsabilità. Spesso nell’infanzia sono stati vittime o testimoni di maltrattamenti. Tale tipologia di uomini violenti reagisce male alle terapie e tende alla recidiva: in questi casi devono essere evitati gli incontri tra l’aggressore e la sua vittima.
“Joker e Harley Quinn” sono due personaggi di fantasia del mondo DC comics, un esempio di rapporto di coppia basato su manipolazione e violenza, in questo caso possiamo inquadrare la figura del Joker come "generally violent/antisocial-batterer".
Profili psicologici e fattori di rischio delle DONNE VIOLENTE in ambito domestico
La letteratura nazionale e internazionale a riguardo è piuttosto scarsa; alcuni elementi che caratterizzano le donne violente sono identici a quelli appena elencati per gli uomini:
- relazioni disfunzionali nella famiglia d’origine;
- abuso di alcol e/o sostanze stupefacenti;
- esperienze avute durante l’infanzia, come l’aver assistito a scene di violenza domestica o aver subito vessazioni fisiche e sessuali.
Nel panorama letterario internazionale, le donne usano violenza fisica al pari degli uomini, le azioni violente sono quanto mai varie e vanno dallo spingere, strattonare, tirare i capelli, schiaffeggiare, scuotere, fino al picchiare, prendere a calci, minacciare con uso di armi, lanciare oggetti, bruciare, mordere, strangolare, pugnalare, mutilare (compresi gli organi genitali), o addirittura torturare e uccidere [14].
Sono inquadrabili come episodi di “violenza fisica” anche comportamenti di trascuratezza quali la privazione del cibo e di cure mediche oppure il sequestro, come lanciare e rompere oggetti per intenzioni intimidatorie [15]. Inoltre tra le donne violente in ambito domestico sia italiane che di altre nazionalità è molto diffuso l’uso di violenza psicologica nei confronti della vittima.
Questa è spesso difficile da individuare, e comprende comportamenti che puntano a danneggiare l’identità e l’autostima: sarcasmo eccessivo, maldicenze, osservazioni maliziose o umilianti, minacce e intimidazioni rivolte anche ai figli della vittima, ai membri della sua famiglia, agli amici o agli animali domestici; disprezzo, brutalità, insulti in presenza di altre persone o sui social media. La violenza psicologica si esprime anche attraverso l’isolamento della vittima dagli amici, dalla famiglia o dai colleghi di lavoro e la privazione dei legami affettivi.
La donna violenta è spesso possessiva, gelosa, e può insistere nell’accusare la vittima di essere infedele: cerca di controllare in modo ossessivo dove va e chi frequenta, e allo stesso modo tiene sotto controllo le sue spese [16].
Nel caso in cui la vittima sia omosessuale, bisessuale o transgender, la donna può minacciare di svelare ad amici, famiglia o colleghi il suo orientamento sessuale e/o identità di genere [17].
VIOLENZA SESSUALE
Per violenza sessuale si intende qualsiasi atto sessuale non consensuale, compresi scherzi e giochi sessuali non desiderati. Come descritto nell’articolo sulle implicazioni legali, rientrano nella nozione di atti sessuali, anche i toccamenti, i palpeggiamenti e i fregamenti sulle parti intime delle vittime, suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale del soggetto attivo anche in modo non completo e/o di breve durata, essendo del tutto irrilevante, ai fini della consumazione del reato in questione, che il soggetto abbia o meno conseguito la soddisfazione erotica (Cass. Sez. III 06/21167) [18].
“Rape” Foto scattata da Shannon Dermody
LE VITTIME IN AMBITO VIOLENZA SESSUALE
Profili psicologici e fattori di rischio delle DONNE sessualmente abusate
I fattori psicologici che caratterizzano le donne che subiscono violenza sessuale sono sovrapponibili a quelli già citati per le donne sottoposte a violenza domestica. Inoltre, per quanto riguarda l’Italia, secondo l’indagine Istat del 2014, le donne più a rischio di violenza fisica o sessuale sono quelle più giovani (fino a 34 anni), prevalentemente nubili, separate o divorziate e le studentesse.
Vediamo nel dettaglio i principali fattori di rischio:
- essere separate o divorziate: queste donne hanno subito violenze fisiche o sessuali in maggiore misura rispetto alle altre (51,4% contro il 31,5% della media italiana). Incidenze maggiori in questo gruppo si riscontrano tra i 25 e i 44 anni, tra le più istruite (con laurea o diploma), tra quelle che lavorano in posizioni professionali più elevate o che sono in cerca di occupazione;
- lavorare come libere professioniste, o come dirigenti, imprenditrici, o essere in cerca di nuova occupazione: in questo caso sono più frequenti gli stupri e i tentati stupri da parte dei non partner;
- avere problemi di salute o disabilità: la violenza fisica o sessuale raggiunge il 36% tra coloro che dichiarano di avere una cattiva salute, il 36,6% fra chi ha limitazioni gravi.
Profili psicologici e fattori di rischio degli UOMINI sessualmente abusati
Nonostante la complessità dell’argomento e lo scarso materiale disponibile, diverse ricerche effettuate negli Stati Uniti o in alcuni Paesi europei hanno permesso di delineare quattro principali categorie di uomini vittime di violenza sessuale [19]:
- “Forced assaualt”: approccio sessuale caratterizzato dall’uso effettivo di restrizioni fisiche o minacce verosimili di violenza fisica, o entrambe. I maschi abusati sono in genere forzati fisicamente e in alcuni casi temono sia per la loro sicurezza che per la loro vita.
- “Baby-sitter abuse”: la seduzione di un giovane da parte di una donna più grande o una ragazza che non sia una sua parente, che può coinvolgere minacce dirette o implicite nel caso in cui la vittima volesse riferire l’episodio ai genitori;
- “Incestuous abuse”: seduzione sessuale di un minorenne maschio da parte di una sua parente;
- “Dominant woman abuse”: approccio sessuale aggressivo nei confronti di un maschio adulto, il quale viene intimorito o anche terrorizzato ma senza necessariamente usare forza fisica.
C’è una possibile sovrapposizione nella classificazione per alcuni casi. Per esempio, abusi incestuosi di giovani ragazzi di solito sono messi in atto da donne dominanti, così come una donna dominante può anche prendere parte ad un atto sessuale forzato.
GLI AGGRESSORI IN AMBITO VIOLENZA SESSUALE
Profili psicologici degli UOMINI sessualmente violenti
Sono validi anche in questo caso tutti i fattori già individuati per gli uomini violenti in ambito domestico. In aggiunta, la violenza sessuale implica dosi di brutalità e sadismo decisamente superiori, per cui in questi uomini spesso sono presenti tratti di personalità tipici di alcuni disturbi mentali e manifestazioni psicopatologiche [20]:
- deliri, legati ai disturbi dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici ma anche agli episodi maniacali che caratterizzano il disturbo bipolare I.
Profili psicologici delle DONNE sessualmente violente
Le donne sessualmente violente si comportano in modo molto simile alle donne violente in ambito domestico; inoltre nelle donne sono riscontrabili le stesse caratteristiche psicopatologiche appena menzionate per gli uomini, anche se i disturbi hanno una prevalenza diversa a seconda del genere. Il DSM-5 informa che:
- i disturbi parafilici sono altamente rari nelle femmine;
- il disturbo antisociale di personalità è molto più comune nei maschi che nelle femmine;
- il disturbo borderline di personalità, al contrario, viene diagnosticato nel 75% dei casi nelle femmine;
- il disturbo narcisistico di personalità viene diagnosticato nel 50-75% dei casi nei maschi;
- il rapporto di prevalenza lifetime tra maschi e femmine per quanto riguarda il disturbo bipolare I è di circa 1,1:1.
CONCLUSIONI
Al termine di questa panoramica, vediamo che alcuni elementi sono ricorrenti e validi sia per gli uomini che per le donne; in particolare, aver assistito a scene di violenza fisica o sessuale nell’infanzia risulta essere un importante fattore di rischio comune sia per le vittime (donne e uomini) che per i carnefici (donne e uomini), testimoniando così una trasmissione intergenerazionale del fenomeno. Per quanto riguarda in particolare l’Italia, questo dato è confermato dall’analisi Istat relativa all’anno 2014: il partner che ha subito violenza fisica dai propri genitori è a maggior rischio di sviluppare comportamenti violenti nei confronti delle proprie compagne. Se la figura genitoriale violenta è la madre, gli studi suggeriscono che la violenza verso la partner aumenti dal 5,2 al 35,9%; se il soggetto ha assistito a scene di violenza da parte di suo padre verso sua madre, il rischio di diventare a sua volta violento può variare dal 5,2 al 22%.
Tra le donne vittime di violenze sessuali prima dei 16 anni, l’incidenza di violenza fisica o sessuale da adulte raggiunge il 58,5% (contro il 31,5% valore medio), il 64,2% tra le donne che sono state picchiate da bambine dal padre e il 64,8% nel caso abbia subito violenza fisica dalla madre [21].
Accenniamo brevemente anche agli effetti più comuni che possono manifestarsi sia nelle donne sia negli uomini, soprattutto nel caso di violenza sessuale [22] [23] [24] [25]
Indicatori psichici:
- agitazione, ipervigilanza, irrequietezza, ma anche apatia, mutismo;
- sbalzi di umore;
- intrusioni costanti, difficoltà a concentrarsi e perdita di memoria, stati dissociativi;
- senso di vergogna e colpa, scarsa autostima;
- autolesionismo, abuso di alcol e sostanze stupefacenti, intenzioni suicidarie, tentati suicidi;
- disturbi del sonno, disturbi dell’alimentazione, stati di paura, panico.
Indicatori psicosomatici:
- disturbi diversi in varie parti del corpo;
- disfunzioni sessuali;
- disturbi respiratori;
- disturbi dermatologici;
- disturbi gastro-intestinali;
- stati di esaurimento/stanchezza.
Indicatori psico-sociali:
- ricorso frequente a trattamenti sanitari presso istituzioni diverse;
- lasso di tempo irragionevolmente lungo tra il momento della lesione e la richiesta del trattamento;
- negazione, racconto contraddittorio della lesione subita;
- atteggiamento timoroso.
AUTORE DELL’ARTICOLO: Dr.ssa Carmen Di Rosa, psicologa, operatrice volontaria del “Progetto Sportello: una porta aperta in un mondo di porte chiuse” attivo all’interno del carcere di Rebibbia N.C., socio fondatore dell’Associazione di promozione sociale “Chi come noi”.
Email: carmen.dirosa91@gmail.com
REVISORE DELL’ARTICOLO: Dott. Marco Matteoli, medico chirurgo, specialista in diagnostica per immagini e medico volontario della Croce Rossa Italiana.
Email: marcomatteoli@email.it
SEGUI TUTTI GLI ARTICOLI DI QUESTO BLOG:
I parte - Unità di strada: cosa sono e come gestire i casi di Intimate Partner Violence e violenza sessuale.
III parte - Violenza sessuale: gli aspetti legislativi.
VI parte - Vittime e carnefici: i profili psicologici nelle dinamiche di violenza domestica e violenza sessuale
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
[1] Baldry, A. C. (2014). Dai maltrattamenti all’omicidio. La valutazione del rischio di recidiva e dell’uxoricidio. Milano: FrancoAngeli.
[2] World Health Organization (1997). Violence against women. A priority health issue. Geneva
[3] Walker, L. (1977). Who Are the Battered Women?. Frontiers: A Journal of Women Studies, 2(1), p.52.
[4] Muscialini, N. (2013). Di pari passo. Cagli (PU): Settenove edizioni.
[5] Diaz, R., Garofano, L., Palombelli, B. and Meluzzi, A. (2013). I labirinti del male. Formigine (Modena): Infinito.
[6] Buno T. (1998), Violenza familiare e il trattamento sulla donna, Il seme e l'albero n. 2-3
[7] UNICEF (2000). La violenza domestica contro le donne e le bambine. Innocenti Digest, 6, 1-29.
[8] Scheda informativa 3: La spirale della violenza, tipologie di vittime e di autori di violenza: esigenze relative alla consulenza e all'intervento. (2017). [ebook] Available at: https://www.ebg.admin.ch/ebg/it/home/suche.html#la%20spirale%20della%20violenza
[9] Helpguide.org. (2017). Help for Men Who Are Being Abused: Recognizing the Signs and Getting Out Safely. [online] Available at: https://www.helpguide.org/articles/abuse/help-for-men-who-are-being-abused.htm
[10] Panorama. (2017). Violenza sulle donne: i Paesi che la tollerano - Panorama. [online] Available at: http://www.panorama.it/news/esteri/russia-putin-violenza-domestica-donne-governi/
[11] UNICEF (2000). La violenza domestica contro le donne e le bambine. Innocenti Digest, 6, 1-29.
[12] Holtzworth-Munroe, A. – G.L. Stuart (1994). Typologies of male batterers: Three subtypes and the differences among them. Psychological Bulletin, 116(3), 476–497.
[13] Capaldi, D.M. – H.K. Kim (2007). Typological Approaches to Violence in Couples: A Critique and Alternative Conceptual Approach. Clinical Psychology Review, 27(3), 253–265.
[14] Busch, A.L. – M.S. Rosenberg (2004). Comparing women and men arrested for domestic violence: A preliminary report. Journal of Family Violence, 19(1), 49-57.
[15] Ibidem
[16] Helpguide.org. (2017). Help for Men Who Are Being Abused: Recognizing the Signs and Getting Out Safely. [online] Available at: https://www.helpguide.org/articles/abuse/help-for-men-who-are-being-abused.htm
[17] Mayo Clinic. (2017). It happens to men, too: Recognize signs of domestic violence. [online] Available at: http://www.mayoclinic.org/healthy-lifestyle/adult-health/in-depth/domestic-violence-against-men/art-20045149
[18] Istat.it. (2017). La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia. [online] Available at: http://www.istat.it/it/archivio/161716
[19] Sarrel, P.M. – W.H. Masters (1982). Sexual molestation of men by women. Archives of Sexual Behavior, 11(2), 117-131.
[20] American Psychiatric Association (2014). Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, Quinta Edizione, DSM-5. Milano: Raffaello Cortina Editore.
[21] Istat.it. (2017). La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia. [online] Available at: http://www.istat.it/it/archivio/161716
[22] UNICEF (2000). La violenza domestica contro le donne e le bambine. Innocenti Digest, 6, 1-29.
[23] Istat.it. (2017). La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia. [online] Available at: http://www.istat.it/it/archivio/161716
[24] Coker, A.L. – K.E. Davis – I. Arias – S. Desai –M. Sanderson –H.M. Brandt – P.H. Smith (2002). Physical and mental health effects of Intimate Partner Violence for men and women. American Journal of Preventive Medicine, 24(4), 260–268.
[25] Studzinska, A.M. – D. Hilton (2017). Minimization of Male Suffering: Social Perception of Victims and Perpetrators of Opposite-Sex Sexual Coercion. Sexuality Research and Social Policy, 14(1), 87-99.